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Lavoro umanitario Alleviare la sofferenza e cambiare la vita delle persone attraverso la passione del proprio lavoro

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Infortuni, malattie o malformazioni che implicano la perdita di funzionalità della mano condizionano in modo determinante la vita di una persona. La chirurgia della mano è in grado di alleviare il disagio e quindi di cambiare la vita. L'associazione Interplast Switzerland aiuta le persone nei Paesi in via di sviluppo.

Questa organizzazione umanitaria è un'associazione nazionale attiva in diversi Paesi in via di sviluppo che si occupa di chirurgia plastica ricostruttiva e di chirurgia della mano sotto la direzione del Dr. Volker Wedler e del Dr. Urs Hug. Secondo la filosofia di Interplast vengono eseguiti interventi solo dopo un'attenta valutazione dei rischi-benefici e quando ci si può aspettare un processo di guarigione semplice, incluso il trattamento postoperatorio.

Visto che regolarmente quasi la metà dei casi curati riguardava le mani, nel 2017 il Dr. Urs Hug ha deciso di organizzare per la prima volta una missione in Burkina Faso dedicata unicamente alla chirurgia della mano, a cui ha preso parte anche la Dr.ssa Elvira Bodmer.

La missione in Ghana

Dopo aver partecipato alla missione in Burkina Faso, il chirurgo della mano Dr.ssa Elvira Bodmer ha deciso di costruire una sede in Ghana e, dopo un'intensa fase di valutazione e test (in collaborazione con il Dr. Philippe Cuénod di Ginevra) ha scelto il St. Joseph Hospital di Koforidua. Nel mese di novembre del 2019 un team costituito da nove specialisti si è recato in Ghana per una settimana. Durante l'ora di consultazione del primo giorno era presente praticamente tutta l'équipe, costituita da Elvira Bodmer come chirurgo della mano, un chirurgo pediatrico, due collaboratrici specialiste di sala operatoria, un'infermiera anestesista, un anestesista, due ergoterapiste e una coordinatrice, per pianificare l'attività con i pazienti e preparare il programma settimanale. 

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Elvira Bodmer (3° da sinistra) e il team
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Sala operatoria del St. Joseph Hospital, Ghana

Sul programma operatorio figuravano contratture dovute a ustioni, fratture non guarite bene e complicazioni dopo l'applicazione errata di gessi nonché malformazioni. «Nei Paesi in via di sviluppo ci troviamo spesso di fronte pazienti che hanno dita delle mani o dei piedi in più. Anche se non si tratta di un'urgenza medica, questo ha un impatto drammatico sulla vita delle persone colpite. In queste culture, i bambini con malformazioni e le loro madri vengono spesso banditi dal loro entourage ed espulsi», racconta Elvira Bodmer. La maggior parte di loro può tornare ai propri villaggi dopo essere stata sottoposta a intervento chirurgico per rimuovere gli arti in eccesso. 

Malformazioni nelle mani dei bambini

Ampiamente diffusi sono i casi di mani deformate da gravi cicatrici che le hanno private della loro funzionalità, a seguito di morsi di animali e ustioni: il cibo viene cotto sul fuoco e in particolare i bambini piccoli sono particolarmente a rischio di ustionarsi le mani. Di solito le ferite sono tradizionalmente curate dai «guaritori» del villaggio con pomate ed erbe, e le mani vengono legate per alleviare il dolore. Questo provoca infezioni della ferita e aderenze. Le dita finiscono per crescere nel palmo della mano sotto la pelle, creando una «mano a pugno». «Per noi è difficile capire perché la gente del posto non impari dalle proprie esperienze. Nemmeno con l'istruzione riusciamo a contrastare queste tradizioni così profondamente radicate».   

Il 50 - 70% dei notri pazienti sono bambini.

Dr. Elvira Bodmer, chirurgo della mano

L'équipe è inoltre confrontata anche con altre grandi sfide meno tecniche: «Qui ci troviamo a dover prendere decisioni che non dobbiamo mai prendere in Svizzera. Veniamo qui per poco tempo e con risorse limitate. È quindi particolarmente difficile, in questo genere di missioni, dover rispondere negativamente ad alcune richieste», afferma la Dr.ssa Elvira Bodmer. 

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Operazione di una «mano a pugno»

Oltre che con le lesioni alle mani, i chirurghi si trovano confrontati con lesioni e ferite ulcerose che di solito si vedono solo nelle zone di guerra, nonché tumori di tutti i tipi e in ogni parte del corpo. «Se, per esempio, i pazienti vengono da noi con tumori avanzati, spesso siamo costretti a rimandarli a casa. Con la consapevolezza che così rischiano di morire. Perché purtroppo non siamo in grado di offrire le complesse cure postoperatorie di cui avrebbero bisogno. Per noi è terribile dover vedere le persone che si girano e si allontanano piangendo senza poterle aiutare».  

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Interplast Switzerland

Le équipe operatorie di INTERPLAST sono costituite da chirurghi plastici e della mano esperti, anestesisti, infermieri di sala operatoria ed ergoterapisti che operano gratuitamente nei Paesi in via di sviluppo durante le loro vacanze. I medicinali e gli strumenti chirurgici che i medici portano con sé, così come i costi di trasporto e di alloggio per le équipe, sono finanziati attraverso donazioni.

Finora INTERPLAST ha operato nelle seguenti regioni: Etiopia, Burkina Faso, Guinea-Bissau, Tanzania, Ruanda, Giordania, Palestina, Striscia di Gaza e Jenin, Tagikistan, Camerun, Madagascar, Sierra Leone e Messico.

interplast-switzerland.ch

La fiducia richiede del tempo 

Qui non è possibile lavorare in modo «ambulatoriale». Dopo l'intervento chirurgico alla mano, i pazienti devono rimanere in ospedale fino a quando la ferita è guarita. La degenza in ospedale ha anche altri vantaggi. Possiamo istruire il paziente riguardo al trattamento postoperatorio e gli ergoterapisti possono regolare le stecche. «Tuttavia, accade spesso che, per esempio, una stecca venga regolata sapendo che con tutta probabilità il giorno dopo non verrà più posizionata nel posto giusto».  

«Si impara ad accettare che qui è semplicemente diverso, tutto scorre più lentamente e il nostro modo di pensare e di agire spesso trova poca risonanza, abbiamo una logica diversa dalla loro. Ogni missione necessita di tempo affinché la popolazione locale possa avere fiducia in noi e si stabiliscano le basi per una buona comunicazione».

Dà comunque soddisfazione vedere come la sfiducia e la paura iniziali si trasformino in gratitudine e gioia. Le missioni umanitarie sono un dono per tutte le persone coinvolte: «Ogni missione lascia un segno indelebile. Le emozioni di momenti condivisi con sconosciuti che diventano amici, oltre alla consapevolezza che un po' meno frenesia e una maggiore gratitudine facciano bene a tutti».

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